Studio di Psicoterapia/Associazione di Promozione Sociale
Associazione che si occupa di promozione del benessere psicologico in un’ottica di prevenzione del disagio individuale e relazionale, in ogni fase del ciclo di vita
"Liberamentepsicologia" è un Sito che nasce dalla sinergia e dall'unione di un gruppo di Psicoterapeuti professionisti che collaborano presso l’Associazione di Promozione Sociale “Liberamente” per offrire un Servizio in grado di rispondere alla variegata richiesta di intervento psicologico nella provincia di Napoli. Studio di Psicoterapia Liberamente
Lo Studio di Psicoterapia si ispira ad una prospettiva multidisciplinare che favorisce la collaborazione, lo scambio, l’incontro tra le diverse figure professionali che vi cooperano. Nel corso degli anni abbiamo constatato che, per assicurare professionalità, serietà e competenza alle nostre attività, è indispensabile puntare sulla continua formazione, su un costante aggiornamento e su una scrupolosa attenzione alle esigenze del Cliente. Il presupposto teorico e metodologico che alimenta il nostro lavoro si fonda sulla sinergia e sul continuo monitoraggio della qualità delle prestazioni e dei servizi offerti dallo Studio, garantita dalla sistematicità delle riunioni dell’ Equipe di lavoro che ne supervisiona costantemente lo standard e l’organizzazione. Infine, consapevoli dell’importanza rivestita anche dal contesto, come spazio e come luogo psicologico in cui avvengono i colloqui, abbiamo voluto ricreare un ambiente accogliente ed intimo in cui ognuno possa sentirsi a proprio agio. Quando si parla di psicoterapia, s'intende "un processo interpersonale, consapevole e pianificato, volto a modificare situazioni di sofferenza con mezzi prettamente psicologici, per lo più verbali, ma anche non verbali, in vista di un fine elaborato in comune, che può essere la risoluzione dei sintomi, dei problemi relazionali o di personalità". Il presupposto metodologico su cui si fonda l'attività clinica dello Studio, punta all'integrazione sinergica delle diverse figure professionali che cooperano nelle attività dello Studio di Psicoterapia Liberamente e questa impostazione consente al Cliente di usufruire di una ricchezza multidisciplinare atta a favorire la creazione di un percorso altamente personalizzato e focalizzato alla risoluzione del problema. Attraverso il primo colloquio di consulenza lo psicoterapeuta analizza la problematica del Cliente (individuo, coppia o famiglia), progetta l'intervento più funzionale alla sua soluzione, e propone un percorso finalizzato al raggiungimento di obiettivi condivisi. Un percorso di questo tipo è la Psicoterapia. Pertanto la psicoterapia può essere: Psicoterapia individuale Psicoterapia di coppia Psicoterapia familiare L’approccio teorico e metodologico di riferimento è: Psicoterapia Sistemico Relazionale Lo psicoterapeuta segue l’individuo, la coppia o la famiglia dall’inizio alla fine del percorso terapeutico. Inoltre, dopo la conclusione della terapia, il Centro prevede anche un programma di follow-up: gli psicoterapeuti, al termine della terapia, si rendono disponibili ad incontri periodici gratuiti (prima trimestrali e poi sempre più diluiti nel tempo) che hanno lo scopo di accompagnare il cliente verso il mantenimento dei risultati ottenuti durante la psicoterapia e del conseguente benessere raggiunto.
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“Ho contato i miei anni ed ho scoperto che ho meno tempo da vivere da qui in avanti di quanto non ne abbia già vissuto. Mi sento come quel bambino che ha vinto una confezione di caramelle e le prime le ha mangiate velocemente, ma quando si è accorto che ne rimanevano poche ha iniziato ad assaporarle con calma. Ormai non ho tempo per riunioni interminabili, dove si discute di statuti, norme, procedure e regole interne, sapendo che non si combinerà niente… Ormai non ho tempo per sopportare persone assurde che nonostante la loro età anagrafica, non sono cresciute. Ormai non ho tempo per trattare con la mediocrità. Non voglio esserci in riunioni dove sfilano persone gonfie di ego. Non tollero i manipolatori e gli opportunisti. Mi danno fastidio gli invidiosi, che cercano di screditare quelli più capaci, per appropriarsi dei loro posti, talenti e risultati. Odio, se mi capita di assistere, i difetti che genera la lotta per un incarico maestoso. Le persone non discutono di contenuti, a malapena dei titoli. Il mio tempo è troppo scarso per discutere di titoli. Voglio l’essenza, la mia anima ha fretta… Senza troppe caramelle nella confezione… Voglio vivere accanto a della gente umana, molto umana. Che sappia sorridere dei propri errori. Che non si gonfi di vittorie. Che non si consideri eletta, prima ancora di esserlo. Che non sfugga alle proprie responsabilità. Che difenda la dignità umana e che desideri soltanto essere dalla parte della verità e l’onestà. L’essenziale è ciò che fa sì che la vita valga la pena di essere vissuta. Voglio circondarmi di gente che sappia arrivare al cuore delle persone… Gente alla quale i duri colpi della vita, hanno insegnato a crescere con sottili tocchi nell’anima. Sì… ho fretta… di vivere con intensità, che solo la maturità mi può dare. Pretendo di non sprecare nemmeno una caramella di quelle che mi rimangono… Sono sicuro che saranno più squisite di quelle che ho mangiato finora. Il mio obiettivo è arrivare alla fine soddisfatto e in pace con i miei cari e con la mia coscienza. Spero che anche il tuo lo sia, perché in un modo o nell’altro ci arriverai…” (Mario Andrade) © Liberamente “Le donne si guardino dal lasciare tracce di rossetto sulle schede” era il 46 ed è così che alcuni salutarono l’inizio di un percorso, di quell' “ouverture” della donna nella società del diritto se così ci si può azzardare a chiamarla. Da allora numeri e contraddizioni hanno segnato tappe comunque fondamentali di quello stesso percorso,fallimenti e conquiste. Leggiamo cosa ha scritto Maria Pia Pizzolante, laureata in storia contemporanea con una tesi su il femminismo degli anni settanta e la campagna per la legge sull’aborto, autrice di brevi racconti e saggi sulla precarietà esistenziale, impegnata per l'istituzione del reddito minimo garantito in Italia, attivista di movimenti ed iniziative per un altro modello di welfare e di politiche di genere, portavoce della rete nazionale TILT. "Oggi si celebra il settantesimo del voto alle donne, un passaggio fondamentale per la storia del nostro paese. Un passaggio che non nasce il 2 giugno del 1946, ma nelle lotte delle suffragette che rischiano ogni giorno la damnatio memoriae dalla storia, e dalla resistenza, dalla discesa in campo di tante che in quella lotta di liberazione si formarono e formarono la loro consapevolezza e il loro essere parte. ... E dobbiamo lavorare perché sia così, perché tornino al centro le relazioni e le relazioni col mondo e nel mondo, con i cambiamenti della nostra società e con le sue mille sfaccettature e differenze. Il voto alle donne ha fatto la differenza, le donne nel segreto dell'urna si ribellarono ai diktat dei loro mariti, della Chiesa, di chi pensava (e da questo non siamo mai al riparo) che avessero bisogno di un tutore, che avessero dei limiti nella coscienza politica, uno scarso livello culturale, che fossero conservatrici di natura: e votarono per la Repubblica per disobbedire. E fu l'atto di liberazione che ci ha liberati e liberate. Lo dico dunque alla mia parte, alla sinistra della resistenza e della liberazione, non siamo immuni dalla misoginia, dai pregiudizi, dall'abitudine, lavoriamoci. Non lasciamo indietro nessuno, ma soprattutto nessuna. Non dimentichiamoci di Sara, dei suoi 22 anni spezzati dalle mani di un uomo che non abbiamo saputo fermare. Non piangiamola domani. Agiamo tutti e tutte perché quel cambiamento che è culturale e politico lo dobbiamo esercitare adesso. Non possiamo più aspettare. Per celebrare i 70 anni del voto alle donne e della Repubblica domani andiamo a lottare, andiamo a trovare Sara, nel luogo dove le hanno tolto la vita, la libertà, il diritto. Perché Nilde Iotti, Teresa Noce, Lina Merlin, Maria Federici, Ottavia Penna Buscemi si impegnarono per rompere le strutture di potere funzionali a un sesso solo, fondate sulla divisione tra ciò che è politico e ciò che non lo è, tra sfera pubblica e sfera privata, tra cittadino e persona. Lo dico alle donne tutte, non lo faranno per noi, ma tenteranno di relegarci sempre. Allora celebriamo prendendoci l'impegno che non ci adegueremo, che disobbediremo, che ciò che è successo a Sara riguarda tutte e tutti e non ci devono convincere del contrario. Che non ci sono diritti che vengono dopo. C'è la bellezza di avere le stesse opportunità e di trovare gli strumenti per garantirle a ogni persona. Il voto è anche questo. Facciamolo libero e consapevole perché tra settant'anni possano festeggiare ancora o ancora di più." Sara di Pietrantonio, l’ultima vittima di femminicidio, è stata uccisa dall’ex fidanzato. Alla fine lui ha confessato dicendo che le ha dato fuoco quand’era ancora viva. L’ha messa al rogo e ha lasciato un corpo bruciato dove prima c’era una ragazza che stava per tornare a casa. Dell’ex fidanzato dicono – i conoscenti di lei – che la perseguitasse e che non aveva gradito di essere stato lasciato. Un "no" è difficile da digerire per uno che vuole solo imporre potere, controllo, che è interprete della cultura del possesso. Qualcuno lo ha descritto come un individuo “geloso” e già sui media inizia il processo alla vittima con chi afferma che lei avrebbe intrapreso un’altra storia. C’è poi una serie di titoli, frasi, commenti che, sui media, rinviano ancora ad una figura bisognosa. Qualcuno parla di “amore” non corrisposto o di “troppo amore”, che poi è la balla di sempre usata per giustificare un delitto di questo tipo. C’è chi si chiede perché lei non avesse denunciato, dato che lui viene descritto come uno stalker che l’aveva costretta a cambiare abitudini, a rinunciare a incontrarsi con gli amici all’Eur. Ma tutto questo gioco del rimpallare responsabilità, continuando ad analizzare i perché si o no lei non ha fatto o ha fatto questo e quello, non fa altro che spostare l’attenzione sulla vittima. E non si tratta di una attenzione buona, ma di un processo. Altre donne avevano denunciato, perfino più di una volta, ma sono state uccise lo stesso. Altre avevano usato amici e parenti a farle da cordone protettivo, e lui è arrivato comunque. Ed è sbagliato immaginare che chi commette questo tipo di delitti sia un mostro. Non lo è. Dirlo significa non guardare accanto a noi, nei nostri contesti, tra le persone che conosciamo, normalissime, uomini e donne, che a volte giustificano uno stupro, altre volte chiamano “poco di buono” una ragazza in shorts, o ancora trovano divertente fare battute sessiste, dimenticando che una donna ha il diritto di dire “no”, di scegliere per sé, e che la reazione autoritaria di chi impone scelte diverse risponde a una mentalità che fino a poco tempo fa aveva una sua giustificazione nel delitto d’onore. La legge che lo consentiva non esiste più ma esiste ancora la cultura che stava dietro a quella legge. Esiste ancora chi parla di gelosia, di amore, di un uomo bisognoso e fragile che aveva bisogno di pietà. E per quanto un uomo sia disperato perché la ragazza l’ha lasciato, quando quella disperazione diventa giustificazione per un delitto si tratta di un orrendo atto di egoismo: mia o di nessun altro. Mia o di nessun altro. Questo è possesso, è la convinzione che una donna sia di esclusiva proprietà dell’uomo che dice di amarla. E’ l’incapacità di vedere una donna come altro da sé. Questa è violenza di genere, per il ruolo di genere che viene imposto ad una donna quando si crede che lei, in quanto donna, dovrà essere fedele, a soddisfare le voglie di un uomo che non sa accettare un "no" come risposta. Due consigli, mai ripetuti abbastanza:
Il femminicidio trattato come un brand, per vendere la propria immagine o quella di un governo, senza tenere conto di quello che è la violenza di genere, di quanto sia radicata la mentalità sessista in ogni spazio che frequentiamo, resta solo una parola vuota, incomprensibile, perfino non utile. Pensateci. Pensiamoci. P.S. La ragazza aveva chiesto aiuto alle macchine di passaggio e nessuno si è fermato. Se questa cosa è vera poi non chiediamoci perché serve combattere contro una cultura che coinvolge troppe persone, incluse quelle che pensano che “i panni sporchi si lavano in famiglia”. [email protected] |
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